Oggi vorrei affrontare con Lei la questione dell’emergenza abitativa. Parliamo del Piano Casa.

Si tratta di un documento che aveva svegliato grandi attese nei cittadini perché di fatto affronta un argomento molto sentito, un piano nato per consentire un ampliamento volumetrico degli edifici e per snellire i procedimenti burocratici relativi all’inizio dei lavori, quindi pensato per offrire ai cittadini delle risposte concrete in merito alle esigenze abitative e al tempo stesso per rilanciare il mercato edilizio a seguito della crisi. Il Governo centrale ha dato delle linee guida, tuttavia la giunta regionale, deputata all’attuazione del piano, ha posto dei limiti eccessivi che rappresentano un grande ostacolo alla possibilità di dare una soluzione effettiva al problema abitativo. Basti pensare che per accedere alla norma è necessario che l’edificio in questione non superi i mille metri cubi, che corrispondono grosso modo ad una palazzina di circa quattro abitazioni di 75 metri quadrati l’una, condizione pressochè improbabile in una città come Roma, e anche ammesso che si abbia una simile situazione di partenza, non è possibile effettuare ampliamenti superirori ai duecento metri cubi in totale, pari a circa sessanta metri quadrati, ovvero poco più che una stanza per locazione.

In definitiva, nonostante il Governo volesse andare incontro alle esigenze della gente, la giunta regionale ha poi creato delle enormi barriere, interpretando il piano in maniera estremamente riduttiva.

Che cosa ritiene sia necessario fare per trovare una soluzione alla questione?

Anzitutto posso affermare che non si sarebbe dovuto fare quello che è stato fatto sin’ora.

Il Governo intendeva offrire uno strumento che potesse aprire ai cittadini nuove possibilità, non chiuderle come invece è stato fatto dalla giunta regionale.  L’unico provvedimento  che ha dato dei risultati soddisfacenti è quello relativo alla conversione dei sottotetti per scopi abitativi, e non è un caso che si tratti di una legge scritta insieme all’opposizione.

Sarebbe stato necessario semplificare l’iter burocratico da percorrere al momento di intraprendere dei lavori, e non è stato fatto. Ancora sarebbe stato indispensabile promuovere una politica di edilizia popolare, anche perché oggi nel Lazio ci troviamo di fronte ad un paradosso: la Regione ha le risorse per investire in questo settore, ma non si reperiscono aree sul territorio. Questo perché vengono poste sotto vincolo paesaggistico intere zone, fatto che non solo ostacola un eventuale intervento in quelle aree, ma fa si che, moltiplicandosi continuamente le restrizioni protezionistiche, sia molto facile incorrere in situazioni di abusivismo.

Io credo che ci si debba orientare verso un nuovo tipo di edilizia, si dovrebbe lavorare sul recupero degli immobili in abbandono e destinarli ad un’edilizia agevolata.

La giunta uscente ha lanciato promesse, annunci entusiasmanti, ma di fatto non ha dato risposte concrete.

Adesso pariamo dell’espansione urbanistica e della tutela dell’agro pontino.

Sono due cose diverse. Oggi la gestione di un parco è difficile, non ci sono le risorse  nei bilanci istituzionali. Questo non significa che non si debba pensare alla salvaguardia, tuttavia credo che una politica protezionistica fine a se stessa sia sterile, si dovrebbe piuttosto promuovere un utilizzo ragionato del territorio. Penso, per esempio, alla possibilità di creare dei percorsi salutistici, magari per le biciclette, oppure degli itinerari equestri. Ancora si potrebbero incoraggiare delle attività enogastronomiche che valorizzino i prodotti locali e affidarle a cooperative di giovani in cerca di nuove professioni, questo permetterebbe di dare soluzione anche all’esigenza di individuare nuove forme occupazionali. Insomma  andrebbero sostenute tutte quelle attività che possono essere

eco-compatibili, in modo da garantire la sostenibilità dell’ambiente e al tempo stesso poter avere un ritorno economico che consenta la manutenzione dell’area in questione.

Per quello che concerne la crescita urbanistica, ritengo che essa sia correlata alle difficoltà che si pongono nel caso si voglia, invece, recuperare un edificio già esistente. Di fatto costruire ex novo ha dei costi notevolmente inferiori rispetto al recupero dell’esistente, questo inevitabilmente conduce ad un’espansione urbanistica notevole; allora sarebbe opportuno che le istituzioni offrissero gli strumenti necessari per creare condizioni favorevoli al recupero del già costruito, muovendosi sia sul piano del contenimento dei costi che su quello di uno snellimento della prassi burocratica. Si dovrebbero promuovere sinergie operative che possano agevolare il cittadino.
Il Governo fa quello che è in suo potere, ma se la Regione si mostra ostile risulta difficile dare risposte adeguate.

E’ possibile visinare il video dell’intervista al seguente link: Italialivetube

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