Mercoledì 29 marzo, con la serata Danza contemporanea,  al Teatro Nazionale prosegue la stagione di balletti del Teatro dell’Opera di Roma con un progetto pensato per il Corpo di ballo capitolino, che parte dal grande repertorio classico per aprirsi alla contemporaneità, ai giorni nostri. Tre lavori firmati da Virgilio Sieni, Michele Abbondanza – Antonella Bertoni e Lindsay Kemp per un evento dedicato a tre diverse espressioni di coreografi viventi. Quella dell’idea della danza come corpo, come forma, come astrazione e come geometria nello spazio che crea la dinamica e da lì l’emozione.
Il fiorentino Sieni, uno dei protagonisti della danza contemporanea italiana, arricchisce il vocabolario fisico dei danzatori romani con la creazione Àpeiron, in cui, accompagnate dalle note di Arvo Pärt, sette donne dialogano con il vuoto dello spazio.
Per Michele Abbondanza, ballerino nella compagnia di Carolyn Carlson, il passo a due Addio Addio, interpretato da Mario Marozzi e Alessia Barberini, è la forma di saluto più estrema prima di una separazione irrevocabile.
Dopo un’assenza di dieci anni da Roma, Lindsay Kemp, il grande ballerino, attore, coreografo e regista nato a Liverpool torna in scena nella sua ultima creazione The Illusionist, uno spettacolare e divertente omaggio onirico al mondo del cinema degli anni ’20 e 30’.

Per il direttore del Corpo di Ballo, Micha van Hoecke, “sono tre aspetti di un mondo che volevo che i nostri ballerini avvicinassero, sono creazioni fatte prettamente per il Corpo di ballo, perché si possa così creare un repertorio anche da portare in giro, da esportare. È evidente la differenza tra un lavoro di repertorio, nel quale i ballerini si confrontano, come è giusto che sia, con dei canoni precisi, e anche con dei virtuosismi giusti per arricchire le abilità di un ballerino, ed il lavoro messo in scena in questa occasione. Qui i ballerini sono interpreti, sono loro che partecipando a queste danze, vi entrano non solo come ballerini, ma anche come attori, come interpreti. Ed è questo nuovo modo di stare in scena che fa sì che i danzatori intervengano, partecipino alla creazione, che diventa una loro espressione e una loro necessità di comunicare, di creare un ponte con il pubblico”.

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