Cosa sono le onde gravitazionali

Innanzitutto, le onde gravitazionali cosa sono? Teoricamente scoperte da Albert Einstein nel 1916, sono fluttuazioni che si producono nella curvatura dello spazio-tempo e che si propagano  allontanandosi dal punto di origine, come le onde generate dal sasso in uno stagno. Einstein ne aveva solo ipotizzato l’esistenza, pubblicando la sua Teoria della relatività generale, più di cento anni fa. Cosa origina le onde gravitazionali? Ciò che da origine alle onde gravitazionali, è l’ overlap tra due o più corpi di massa molto elevata nello spazio. Potrebbero essere le orbite binarie di due buchi neri, come l’incontro tra due galassie. In ogni caso verrebbero prodotte queste onde che si espanderebbero fino a raggiungere la Terra sotto forma di radiazione gravitazionale. Una volta raggiunto il nostro pianeta, si sarebbero indebolite molto perché nel propagarsi nel vuoto, avrebbero perso energia allontanandosi dal loro centro iniziale.

La scoperta

Come possiamo rilevare le onde gravitazionali? Essendo così deboli una volta che ci raggiungono, rilevare le onde gravitazionali è molto difficile. Gli scienziati hanno bisogno di utilizzare strumenti molto sensibili, chiamati interferometri, per catturare queste lievi fluttuazioni. La tecnica richiede l’utilizzo come elementi di prova di corpi situati molto distanti l’uno dall’altro.

La prima rilevazione si è avuta tra il settembre 2015 e il gennaio 2016 a opera di Ligo, il più grande osservatorio mondiale di onde gravitazionali, che comprende due interferometri laser situati negli Usa. Sono stati proprio questi a captare le onde gravitazionali il 14 settembre 2015. L’annuncio ufficiale della prima misurazione è stato dato così a febbraio 2016, giusto cento anni dopo l’ipotesi di Einstein.

L’osservazione in Italia

Nel 2017 si è poi avuta un’altra rilevazione, la prima in Europa e la quarta in assoluto, da parte di Virgo, il collega di Ligo che si trova a Pisa. Questa è stata la quarta rivelazione annunciata di un sistema di buchi neri binari e il primo segnale significativo di onde gravitazionali registrato, e mette in evidenza il potenziale scientifico di una rete di tre rilevatori di onde gravitazionali.

L’osservazione dei tre rilevatori è stata effettuata il 14 agosto 2017 alle 12:30. I due rivelatori di onde gravitazionali dell’osservatorio di interferometria laser (LIGO), con sede a Livingston (Louisiana) e Hanford (Washington) e finanziato dalla National Science Foundation (NSF) e il rilevatore di Virgo, che si trova nei pressi di Pisa, in Italia, hanno captato un segnale transitorio di onde gravitazionali prodotto dalla coalescenza di due buchi neri di massa stellare.

Un articolo sull’evento è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters. Le onde gravitazionali rilevate sono state rilasciate durante i momenti finali della fusione di due buchi neri con masse circa 31 e 25 volte la massa del sole e che si trovavano a circa 1.800 milioni di anni luce distanza. Il nuovo buco nero ha prodotto circa 53 volte la massa del nostro sole, il che significa che circa 3 masse solari sono state convertiti in energia gravitazionale durante la coalescenza.

 

Riassunto. La prima osservazione diretta delle onde gravitazionali con i rivelatori interferometrici della collaborazione LIGO-Virgo ha dato inizio all’astronomia gravitazionale. La grandi difficoltà della misura ha richiesto molti anni di lavoro, ma finalmente il 14 settembre 2015 è stato osservato il segnale proveniente dalla coalescenza di due buchi neri di grande massa.

Il 14 settembre 2015, alle 09:50:45 UTC, i due rivelatori interferometrici di LIGO hanno osservato simultaneamente per la prima volta un segnale di onde gravitazionali. Questo evento è certamente una pietra miliare nella storia della fisica, in quanto segna la nascita dell’astronomia gravitazionale.

L’esistenza delle onde gravitazionali è una diretta previsione della teoria della relatività generale di Einstein. Come è noto, la teoria della relatività generale spiega la forza di gravità come una conseguenza della curvatura dello spazio-tempo: lo spazio-tempo si curva quanto più ci si avvicina ad una massa e quanto più è grande la massa che dà luogo alla curvatura. Il movimento di masse che stanno curvando lo spazio-tempo è quindi in grado di generare in esso delle deformazioni che si propagano come onde alla velocità della luce, proprio come avviene facendo ruotare due corpi in uno specchio d’acqua. Le leggi di conservazione dell’energia e della quantità di moto fanno sì che per generare un’onda gravitazionale sia necessario che la sorgente possegga un momento di quadrupolo, ovvero che la massa non sia distribuita con simmetria sferica. Sistemi binari in cui due masse ruotano attorno ad un centro comune appaiono dunque come naturali sorgenti di onde gravitazionali. La rivelazione delle onde gravitazionali non rappresenta soltanto un’ulteriore conferma della teoria della relatività, ma riveste anche e soprattutto un interesse
di carattere astronomico. Tutto ciò che conosciamo dell’Universo deriva infatti dallo studio della radiazione elettromagnetica alle differenti lunghezze d’onda.

Partendo dalla luce visibile che raggiunge i telescopi terrestri, l’uomo ha progressivamente esteso le proprie conoscenze osservando le emissioni elettromagnetiche alle differenti frequenze, ed ogni volta l’accesso ad una nuova banda ha permesso di identificare fenomeni sempre nuovi, di sviluppare e confermare i modelli di evoluzione stellare e di comprendere la storia evolutiva dell’Universo. L’osservazione delle onde gravitazionali offre però l’opportunità di avere accesso ad uno spettro completamente nuovo ed inesplorato, che permetterà lo studio della vasta gamma di fenomeni che caratterizza le diverse bande spettrali. A bassissime frequenze dovrebbe esistere una radiazione gravitazionale di fondo che, se venisse osservata, rivelerebbe dettagli sull’Universo primordiale totalmente inaccessibili altrimenti, dato che prima della formazione degli atomi neutri la luce non era ancora disaccoppiata dalla materia e l’Universo era opaco. Salendo in frequenza ci si attende un segnale anche dall’interazione tra galassie che si scontrano, un fenomeno estremamente lento. Certamente queste sorgenti sono molto al di là della portata delle attuali tecniche di rivelazione. Più accessibili appaiono invece le emissioni provenienti da sistemi binari stellari, molto prima delle fasi di coalescenza, anche se le basse frequenze del segnale comportano l’impossibilità di una rivelazione a terra, richiedendo la realizzazione di rivelatori gravitazionali nello spazio, un’impresa già iniziata. Il segnale più promettente è quindi quello emesso da sistemi binari estremamente compatti durante le fasi finali della coalescenza. I sistemi binari finiscono infatti con l’avvicinarsi sempre più, mentre la loro frequenza orbitale aumenta, perché emettono energia sotto forma di radiazione gravitazionale, un fenomeno già evidenziato dalle osservazioni della pulsar binaria PSR1913+16, compiute da parte di Hulse, Taylor e Weisberg, che mostravano un perfetto accordo con le previsioni della relatività generale. Altre sorgenti possono essere le esplosioni di supernova o le stelle di neutroni in rapida rotazione, se non hanno simmetria perfettamente sferica. Quando una regione dello spazio-tempo è investita da un’onda gravitazionale, cambiano le distanze tra i punti. Un sistema di punti disposti in maniera circolare, viene distorto in un’ellisse: una lunghezza si accorcia, mentre quella ad essa perpendicolare si allunga, in modo alternato (fig. 1). L’ampiezza dell’onda h è misurata proprio dal rapporto tra la variazione ∆L di una lunghezza L e la lunghezza stessa: h = ∆L / L. Per l’osservazione di queste distorsioni sembrerebbe naturale tentare una realizzazione dell’esperimento di Hertz in chiave gravitazionale. La debolezza intrinseca della forza di gravità rende tuttavia vano ogni tentativo di produrre e rivelare onde gravitazionali in laboratorio. Se ad esempio si riuscisse a porre in rotazione alla straordinaria frequenza di 1 kHz un rotore con due masse da 1 ton poste alla distanza di 2 m, l’ampiezza dell’onda gravitazionale risultante sarebbe h ≈ 10-33 / D, dove D è la distanza del rivelatore dalla sorgente.

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